[lang_it]fonte: Il Messaggero
L’ultimo selciarolo chiede al Comune una scuola per mantenere l’arte del sampietrino
ROMA (13 settembre) – Tra i sampietrini ci è cresciuto. Hanno dato lavoro al padre, al nonno e lui stesso ne ha fatto la professione di una vita. Ora con tre figlie femmine vede la sua ditta andar verso la fine. E’ Roberto Giacobbi, l’ultimo selciarolo romano, ha 50 anni e svolge questo mestiere da 30, che a lungo ha lottato per ottenere dal Comune di Roma di poter creare un scuola di avviamento professionale per selciaroli. «Non avremmo chiesto alcun contributo – dice – ma solo che ci assicurasse una continuità di lavoro» ma non c’è riuscito, ed ora, quasi senza speranze, parla con nostalgia della sua professione, «un lavoro bellissimo, che fa parte di Roma, o meglio della Roma che c’era, e che ora sta sparendo». Quello del selciarolo, secondo Giacobbi, «è un mestiere che non si finisce mai di imparare, perché ogni strada ha una propria storia, e presenta problemi diversi dalle altre. Ma il selciarolo è anche orgoglioso dei suoi lavori, come quelli fatti in Vaticano, in piazza del Belvedere e in piazza della Pigna, sopra l’archivio generale, e degli ultimi, in piazza di Spagna e Fontanella Borghese, gli ultimi fatti bene a Roma. Anche sui lavori in corso a Roma Giacobbi ha le idee chiare, come su quelli in via Nazionale, dove, dice, «per ripristinare a regola d’arte i sampietrini occorrerà almeno un anno e mezzo».
E racconta di quando i sampietrini si prendevano dalla cava del Laghetto, sulla via Casilina a Montecompatri, oggi chiusa, dove lavoravano i selciatori o “scoccioni”, e a mettere i sampietrini sulle strade lavoravano manovali, “lettaroli”, che preparavano la base, posatori e battitori, o “chiodaroli”, che sistemavano le pietre con i chiodi, e con il “mazzapicchio” o “mazzabecco”, un attrezzo, anticamente in legno, battevano alternativamente un colpo ciascuno per farla assestare, il bitumatore o lo “spanditore”, che sparge il bitume, con una canna finissima, tra una pietra e l’altra. Anche i sampietrini non sono posati a caso, ma secondo un ordine ben preciso: a filarone, o cortina, cioè in file parallele, o ad archi contrastanti, una specie di semicerchi, o a angolo di 45° rispetto all’asse stradale.
Oggi i mazzapicchi sono di ferro e pesano circa 30 chili e i battitori usano anche una macchinetta con motore a scoppio e gli stessi sampietrini, una volta in silicio e di tre misure (12×12, 6×8, e il sercio lungo di 12×16), che costituivano un lastricato stradale impermeabile al caldo accumulato dal terreno, sono sostituiti, in gran parte, da pietre di simil silicio, prodotte in Vietnam, di un colore grigio ferro, che solo i selciatori »antichi del mestiere sanno distinguere a prima vista». Anche i selciaroli non sono più quelli di una volta: in massima parte, dice Giacobbi, si tratta di immigrati extracomunitari, che di sampietrini non ne avevano mai visti prima, e che, sia pure lavorando con buona volontà, sono poco pratici del mestiere, «ma non sono proprio selciaroli».[/lang_it]