Quei sampietrini lucenti in ricordo dei deportati
In cinque municipi da lunedì prossimo altre trentasei nuove “Stolpersteine” in ottone, omaggio alle vittime di discriminazioni razziali e politiche
di SARA GRATTOGGI
Adele Ascarelli intrecciava e cuciva cappelli, di feltro l’inverno, di paglia l’estate. Mite e laboriosa, viveva da sola con il padre malato e a lui corse il suo ultimo pensiero quando i tedeschi, il 16 ottobre 1943, la portarono via. Claudio Piperno aveva 21 anni, quando fu denunciato per 5mila lire e assassinato solo per la sua religione. Gioacchino Gesmundo, invece, si era trasferito a Roma da Terlizzi nel 1928. Allievo di Guido De Ruggiero e Giuseppe Lombardo Radice, fu insegnante di filosofia al liceo di Pietro Ingrao, che lo ricorda come un giovane docente appassionato e generoso. Nel ’43 aderì al Partito comunista, trasformando la propria casa in una base clandestina, per un certo tempo sede dell’Unità, e fino al 29 gennaio del ’44, quando fu arrestato e portato a via Tasso, per poi essere trucidato il 24 marzo alle Fosse Ardeatine, combatté nella Resistenza Romana.
Le loro storie – come quelle di molte altre vittime del nazifascismo – fino a oggi tramandate attraverso i dolorosi ricordi di figli e nipoti, presto diventeranno memoria collettiva, condensate nelle parole incise nella pietra da Gunter Demnig. L’artista tedesco lunedì e martedì prossimo tornerà nella capitale per la quarta edizione di “Memorie d’inciampo a Roma”, organizzata da Arteinmemoria e curata da Adachiara Zevi. In due giorni, Demnig posizionerà 36 nuovi sampietrini d’ottone, in memo¬ria dei deportati razziali e politici, nei marciapiedi su cui si affacciano le loro vecchie abitazioni.
Le nuove Stolpersteine, posate in cinque municipi (I, II, IX, XVII, XVIII), si aggiungeranno alle 156 pietre che Demnig ha portato a Roma dal 2010 al 2012. Un progetto di lungo respiro, ideato dall’artista nel 1993 quando un’anziana signora tedesca, discutendo della sua installazione sulla deportazione di cittadini rom e sinti a Colonia, sostenne che in città non avessero mai abitato rom. Demnig decise da allora di dedicare tutto il suo lavoro successivo alla ricerca e alla testimonianza dell’esistenza di cittadini scomparsi a seguito delle persecuzioni naziste: ebrei, politici, rom, omosessuali. Le prime pietre furono installate proprio a Colonia nel 1995. Da allora, l’artista ne ha realizzate oltre 37 mila, distribuite in diverse città tedesche ed europee, fra cui dal 2010 anche Roma.
Un segno concreto e tangibile, ma discreto, per trasformare la Memoria da appuntamento occasionale a esperienza quotidiana. Un “inciampo” non per il passo, dunque, ma per gli occhi e per la mente, per ricordare ai passanti e agli inquilini di quei palazzi gli “abitanti del quartiere uccisi e perseguitati dai fascisti e dai nazisti, deportati, vittime del criminale programma di eutanasia o oggetto di persecuzione perché omosessuali”.
Il progetto “Memorie d’inciampo a Roma”, posto sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, ha il patrocinio dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, della Comunità ebraica di Roma e dell’ambasciata della Repubblica Federale di Germania ed è promosso dalle associazioni nazionale degli ex deportati (Aned) e internati (Anei), dal Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), dalla Federazione delle amicizie ebraico cristiane italiane e dal Museo storico della Liberazione.
(09 gennaio 2013)
[ via Repubblica.it ]