Architetti e designer celebrano il maestro al Cantiere Galli di Roma. E qui Studio Algoritmo spiega il suo dono molto particolare
Nel centenario di Achille Castiglioni, arriva al Cantiere Galli di Roma 100×100 Achille, l’iniziativa della Fondazione guidata da Carlo e Giovanna Castiglioni per celebrare il padre del design italiano. Non sarà la replica nella capitale del fortunato allestimento milanese, con lo studio-museo della Fondazione riempita dei doni fatti al “Cicci” da oltre cento designer internazionali, ma una festa in cui è stato chiesto a un gruppo di architetti e designer romani di portare, a loro volta, un dono scelto per raccontare il “loro” Castiglioni con tanto di biglietto d’auguri. L’appuntamento è per le 18.30 con Giovanna Castiglioni e Domitilla Dardi, già curatrice con Chiara Alessi della mostra milanese. Abbiamo chiesto ad Alessandro Gorla di Studio Algoritmo di raccontare il suo Achille e di anticipare in anteprima il suo dono.
di Alessandro Gorla, Studio Algoritmo
Che cosa scrivere che non sia già stato detto di Achille Castiglioni, maestro indiscusso del design mondiale, studiato al primo anno di università e conosciuto anche da chi non ha fatto del design il proprio lavoro?
È veramente difficile non ripetersi ed evitare di scadere nel banale. Proverò a rispondere con le parole di Anne, Bianca e Andrea, preziosi collaboratori di Studio Algoritmo, appartenenti a una generazione diversa dalla mia. Secondo loro, Achille Castiglioni è come quei nonni che hanno sempre qualcosa di nuovo da raccontare e che, portandoti per mano lungo la strada, ti spiegano che per fare design bisogna esplorare, osservare ed essere pieni di passione.
Per me che sono laureato dal secolo scorso al Politecnico di Milano, Achille, e più in generale i fratelli Castiglioni, sono sempre stati l’emblema e la rappresentazione del DISEGNO INDUSTRIALE, che scrivo volutamente in maiuscolo. All’epoca non esistevano infatti altre definizioni o categorie di design, se non quello al servizio dell’azienda. Molte cose sono cambiate da allora e il design ha fatto parecchia strada, finendo per essere associato ad autoproduzioni o a produzioni artigianali, queste ultime comunque da sempre alla base delle fortune del made in Italy.
In un solo pezzo come lo sgabello Mezzadro del 1957 c’erano l’Italia rurale (il sedile), quella lanciata verso l’industrializzazione (la balestra), l’Italia che si spostava in bicicletta (vite a galletto) e sfruttava il mare delle sue coste (traversa in faggio)
Ciò che ancora riesce ad affascinarmi è quella forza espressiva e narrativa dei prodotti dei fratelli Castiglioni prima e di Achille poi. Quella forza che li ha portati a raccontare l’Italia e la società italiana con i loro pezzi. Per esempio lo sgabello Mezzadro del 1957, simbolo di un’Italia in trasformazione. Un’Italia rurale (il sedile), ma lanciata verso l’industrializzazione (la balestra), un’Italia che si spostava ancora spesso in bicicletta (vite a galletto) e sfruttava il mare delle sue coste (traversa in faggio). Achille riusciva a creare prodotti universali ma fortemente legati al territorio, oggetti che si mostravano, e si mostrano ancora, poliglotti ma che nell’intimità parlano il dialetto.
Ed è proprio per questi motivi che abbiamo regalato ad Achille un sampietrino, simbolo delle strade di Roma, un oggetto modulare che fa parte dell’arredo urbano, fonte di tante ispirazioni del lavoro di Castiglioni e frutto del saper fare del luogo, con la speranza, come recita il detto francese “apporter sa pierre à l’édifice” (portare la propria pietra all’edificio) di contribuire anche noi a costruire questa strada del design che Achille ci ha spalancato.